Se dico Queen, il collegamento a Bohemian Rhapsody è quasi matematico, è un filo diretto al genio di Freddy Mercury, la cui leggenda narra della scelta di mettere una tastiera del pianoforte al posto di quella del letto, così da essere pronto nel caso in cui sognasse un motivo interessante da riproporre all’istante.
E fu così che nacque questo capolavoro della musica contemporanea, questa canzone di ben sei minuti senza un ritornello, questo singolo difficile da trasmettere nelle radio dell’epoca, talmente era lungo.
Ma la scommessa fu vinta dal gruppo più discusso del momento e la canzone rimase al primo posto della classifica inglese per sei settimane consecutive.
Bohemian Rhapsody è infatti strutturata in un modo bizzarro e nuovo: un’introduzione a cappella, una strofa melodica, un incredibile assolo di chitarra elettrica e persino un accenno d’opera che anticipa una sezione rock.
Per non parlare del testo, che si svincola dai contenuti più classici del periodo per addentrarsi nel mistero di significati profondi.
Il capolavoro dei Queen era alquanto innovativo proprio per la mancanza di uno schema preciso che normalmente le canzoni hanno:
introduzione, quasi sempre una melodia che anticipa la voce
strofa, che è la parte cantata e melodica
ritornello o inciso, quindi la parte più importante del pezzo, perché quella che si ricorda maggiormente
ponte, cioè il collegamento tra strofa e ritornello
parte strumentale, che coincide spesso con un assolo
special, la parte della canzone fuori dallo schema della canzone stessa
coda, quindi il finale della canzone, che può essere un taglio netto o una sfumatura.